Per quanto il toponimo “Greve” sia di origine etrusca (Cripes), il rapporto del territorio grevigiano con gli antichi abitanti della Toscana è confermato unicamente dalla appartenenza alla Diocesi di Fiesole (l’antica Faesulae preromana, considerata a sua volta la città madre di Firenze). Una conseguenza di questo rapporto con la città etrusca, che durante la prima guerra civile si schierò con Mario contro Silla, fu il sequestro delle terre che il vincitore distribuì ai suoi veterani nella località che porta ancora il nome di Sillano.
Nel Medio Evo, le vicende politiche videro il Chianti sempre più legato alla politica fiorentina: in questo contesto nasce il fortilizio di Montefioralle, che, ampliato nei secoli successivi, diventò un importante presidio militare: è rimasto famoso l’assedio che vi pose nel 1325 Castruccio Castracani, vicario imperiale di Ludovico il Bavaro, nel corso della guerra tra Firenze e Lucca per il controllo della Val di Nievole.
Oggi Montefioralle domina la Valle della Greve dall’alto della sua posizione strategica: un piccolo borgo, appartenente al Club dove sono riuniti i più belli d’Italia, che nella sua struttura a chiocciola, perfettamente conservata, racconta un passato importante: lo dimostrano le tre porte d’accesso, ben conservate nel contesto urbanistico originale.
Nella Chiesa, intitolata a Santo Stefano, è custodita una piccola collezione d’arte. L’opera, più bella, e decisamente inaspettata, è la splendida Madonna col Bambino in trono con due angeli, dipinta dal cosiddetto maestro di Montefioralle, da identificarsi forse con Meliore di Jacopo, attivo negli anni della maturità di Cimabue.
Nel Cassero dell’antico castello venne poi ricavata la canonica, che, ristrutturata, ospita oggi un B&B dell’Associazione San Nicolas, gestito dai volontari dell’Operazione Mato Grosso. Ogni stanza è stata arredata con pezzi unici di artigianato realizzati dalla Cooperativa di falegnami del Perù.
Ma Montefioralle è solo la prima tappa di un cammino che, nel giro di pochi chilometri, ci immerge in un vero e proprio vortice di secoli e di epoche.
A un chilometro circa dal borgo si raggiunge comodamente con una bella passeggiata panoramica La Pieve alla quale Montefioralle faceva capo, dedicata a San Crescenzio (qui chiamato sbrigativamente Cresci). Nata romanica nel XII secolo, la chiesa è stata “modernizzata” prima in stile barocco (molto sobrio, per la verità), e poi, alla metà dell’Ottocento, con un modesto lifting decorativo di gusto neoclassico.
Dello stile romanico originario rimane la parte inferiore della facciata, con le due belle bifore a mattoncini di cotto rossi a contrasto con la muratura in pietra candida di alberese, che proteggeva in origine il nartece, e, dal XV secolo, il portico. Assolutamente fuori luogo, al contrario, le due rozze pseudo-monofore che dominano la parte superiore della facciata, aggiunte per consentire l’accesso a un ambiente (forse un deposito) ricavato chissà quando sul tetto del portico.
Abbandonata alla fine degli anni Sessanta, dopo un paio di decenni la Pieve rischiava di crollare. Un accurato restauro conservativo finanziato dalla Diocesi negli anni Novanta ha consolidato l’edificio nell’ultimo aspetto assunto attraverso i secoli. Purtroppo, in linea con i rigidi criteri conservativi che regolavano i protocolli di restauro alla fine del secolo scorso, non fu presa in considerazione l’ipotesi di demolire le superfetazioni e riportare il complesso all’antica disposizione volumetrica. La Pieve custodisce un piccolo gioiello musicale, recentemente restaurato e perfettamente funzionante: l’organo realizzato su misura nel 1869 dalla celebre ditta pistoiese della famiglia Tronci.
Risalendo da San Cresci il colle fino alla strada di crinale che separa la Val di Greve dalla Valle della Pesa (oggi chiamata Strada dei Poggi), procedendo in direzione di Firenze si incontra la chiesa più antica del territorio, e certamente una delle più antiche del Contado fiorentino: la Pieve di San Pietro a Sillano, un nome che abbiamo già incontrato come zona di insediamento dei veterani di Silla.
La Pieve è citata in un atto di compravendita datato 884, conservato nell’Archivio della vicina Abazia di Passignano: poiché Sillano aveva contribuito, su ordine del Vescovo, alla dotazione dei beni abbaziali, la Pievania esisteva evidentemente già nel secolo precedente, all’epoca in cui Carlo Magno stava ponendo le basi della conquista dell’Italia longobarda. I reperti etruschi venuti alla luce confermano l’antichità degli stanziamenti nella zona, probabilmente attraversata dalla strada che collegava Volterra con Fiesole. Del resto, l’importanza di Sillano è confermata dall’intitolazione a San Pietro, che veniva riservata esclusivamente alle chiese più importanti, in qualche modo collegate con Roma (due bolle papali del 1102 e del 1134, ne confermano l’appartenenza alla Diocesi di Fiesole).
L’edificio, costruito a blocchi squadrati di pietra alberese, riprende la pianta di Santa Reparata, la prima cattedrale fiorentina ancora visibile sotto il Duomo. La raffinatezza dei dettagli architettonici (non ultimo l’asimmetria fra i pilastri, dissimulata con un affascinante gioco prospettico), insieme all’alta qualità dei successivi interventi manutentivi, conferma il prestigio della Pieve, che, abbandonata alla fine degli anni Cinquanta, ha urgente bisogno di restauri. Il progetto, corredato da un approfondito studio archeologico, è stato redatto dall’Arch. Fedra Bertuccini come tesi di laurea specialistica, quando la Pieve di Sillano è stata segnalata, nel 2018, come “Luogo del Cuore” nella IX edizione del censimento del FAI. Una operazione partita in maniera promettente, bloccata dallo scoppio della pandemia, che si prospetta come una vera e propria ricostruzione della logica territoriale in un’area, una volta centrale, messa ai margini dalla viabilità successiva, ma proprio per questo ancora eccezionalmente integra nonostante la vicinanza alla città.